I “promessi sposi”

Quanti di voi hanno mai sentito parlare di un certo don Marco Bisceglia? Pochissimi, immagino. Purtroppo, aggiungo. Io l’ho conosciuto soltanto oggi, per caso, rovistando tra gli archivi digitalizzati delle principali testate giornalistiche italiane alla ricerca di qualcosa d’interessante che riguardasse il mio paese d’origine, Lavello. E mi ha subito entusiasmato. Ho letto che era un prete scomodo, un anticonformista per quei tempi e, forse, anche per i nostri tempi. Nacque a Lavello il 28 Aprile del 1925 e fu ordinato presbitero a 38 anni, l’11 Luglio del 1963.

Fu denunciato ripetutamente assieme alla gente della sua comunità per reati di opinione o commessi nel corso di manifestazioni sindacali, fu oggetto di provocazioni fasciste e, infine, fu destituito dalla carica di parroco nonostante che la sua comunità gli si stringesse intorno.

Nel maggio del 1973 la sagrestia del Sacro Cuore di Lavello, la sua chiesa, fu perquisita su ordine del Pretore di Muro Lucano, alla ricerca di bobine magnetiche registrate durante una sua conferenza con il “prete rosso” padre Ernesto Balducci.

Nell’aprile del 1975, in seguito ad una denuncia presentata dal vescovo contro don Marco ed i parrocchiani che non avevano accettato la sospensione punitiva del parroco, i carabinieri irruppero nella sacrestia e sfondarono la porta del campanile in cerca del parroco disobbediente, ma non lo trovarono. Alle porte del tempio c’era scritto “Chiesa occupata”. A lui si deve anche il motto “la Chiesa è del Popolo” contenuto in un altro striscione che fece esporre sulla facciata della sua chiesa a Lavello.

Era talmente un personaggio scomodo che il Consiglio Diocesiano di Lucera (Foggia) diffuse un volantino in cui il nome di don Marco Bisceglia veniva incolonnato con le iniziali: MERCE AVARIATA RACCOLTA CON OBOLO marxista BASTA INSEGNARE SCIOCCHEZZE CON ESEMPI GIUDAICI LUCERINI INTELLIGENTI ESTRADATELO!!

Man mano che leggevo le notizie sparse qua e la in maniera disordinata nella rete e che riguardavano la sua vita, cresceva in me la curiosità per la sua persona ma, allo stesso tempo, mi chiedevo come mai si fosse persa la memoria storica di un personaggio così importante. Poi, sfogliando l’archivio storico de La Stampa, ho capito perché…

Un giorno di primavera dei primi anni Settanta. Due uomini bussano alla canonica della parrocchia del Sacro Cuore. Cercano il parroco, don Marco Bisceglia. I “promessi sposi” sono due giovani e al parroco raccontano con sofferenza e passione di essere omosessuali. E cattolici. In quanto cattolici chiedono a don Marco, animatore della chiesa del dissenso, che si è dimostrato così anticonformista e coraggioso, di essere uniti in matrimonio. “Un matrimonio di coscienza”, un po’ come quello cui si appella Renzo nel romanzo del Manzoni, quando entra di soppiatto nella canonica di don Abbondio. Bene: a differenza di quest’ultimo, don Marco dice sì. Non scappa, non chiama disperatamente Perpetua. Nella canonica della parrocchia cattolica del Sacro Cuore a Lavello, provincia di Potenza, si celebra il primo matrimonio religioso fra due omosessuali della storia d’Italia, e forse non solo d’Italia. “Questo è un sacramento” dichiara alla fine, letteralmente, don Marco. Ma in realtà è una beffa crudele, il matrimonio di Lavello, anzi una trappola politica, forse anche un sacrilegio. O magari, vista con gli occhi di oggi, è “solo” un peccato. Un peccato, ma non un reato. Comunque ai danni di un povero prete e di quella che certo allora non si chiamava – come oggi, con orgoglio – la comunità gay. Non si chiamava proprio. Oppure, al limite della sua minacciosa innominabilità, era Sodoma, o l’”altra sponda”. In quegli anni gli omosessuali, infatti, i pederasti, i “capovolti”, si nascondevano. Anche i più ricchi e famosi fra loro, gli artisti, gli intellettuali, i politici, vivevano questa loro dannazione, malattia o vizio che fosse, con estrema vergogna e terribili sensi colpa. Ecco. Quando i due finti “promessi sposi” bussano alla porta di don Marco recando con sé un voluminoso borsello con dentro un registratore, l’omosessualità è un peccato impuro e contro natura, del peggior genere catechistico, tale da gridare vendetta al cospetto di Dio. Dunque: inferno garantito, in omnia saecula seculorum. […] I due di Lavello non sono affatto omosessuali. Si chiamano Franco Jappelli e Bartolomeo Baldi, hanno entrambi 27 anni e lavorano come giornalisti in un settimanale di destra, Il Borghese. Registrano tutto, colloquio e cerimonia matrimoniale, e tutto pubblicano sul loro giornale. Lo scandalo scuote per alcuni giorni il costume non solo religioso di quell’Italia lì. […] Cacciato dalla Chiesa, don Marco Bisceglia, il prete che aveva sposato i finti omosessuali si scopre lui per davvero, omosessuale. E allora lotta contro quel suo orientamento, non lo pratica, soffre, attraversa le lacerazioni del suo corpo e della sua coscienza, le accetta, si accetta, si dichiara gay, a sorpresa, davanti a 500 persone intente a tutt’altro. Poi scompare, per anni: si scoprirà solo più tardi che si è ritirato in uno dei famosi Sassi di Matera, a riflettere, a compiere in solitudine la sua traversata nel deserto. Fonda la prima rete di protezione in Sicilia, dopo un duplice suicidio, a Giarre. Primi anni ottanta. Poi Marco, oramai non più don, è a Roma: non è difficile incontrarlo mentre mangia un tramezzino seduto alla fontana di piazza del Popolo. A sessantacinque anni ha appena fondato l’Arcigay nazionale. Muore a Roma il 22 Luglio del 2001, ma il suo corpo viene sepolto nel cimitero di Lavello.

Piacere di averti conosciuto, don Marco! A presto…